Cecilia Bartoli interpreta arie antiche

22/10 - 20.14

Cecilia Bartoli, con la sua consueta maestria nel coniugare rigore filologico e intensità teatrale, offre un’interpretazione di rara finezza delle arie barocche Spesso vibra per suo gioco”di Alessandro Scarlatti, Pur dicesti, o bocca bella di Antonio Lotti e Quella fiamma che m’accende di Benedetto Marcello. Queste pagine, nate tra la fine del 17esimo e l’inizio del 18esimo secolo, rappresentano tre diverse declinazioni dell’affetto amoroso secondo l’estetica dell’epoca: l’irrequieta sensualità scarlattiana, la levigatezza melodica di Lotti e la più interiorizzata espressione patetica di Marcello.

Bartoli si muove in questo repertorio con una sensibilità stilistica che riflette un’approfondita conoscenza del linguaggio vocale barocco: il controllo dell’agogica e delle ornamentazioni non è mai mero virtuosismo, ma diventa veicolo di espressione retorica. La sua voce, duttile e luminosa, modula i contrasti dinamici e timbrici con estrema consapevolezza, restituendo vitalità al testo poetico e al suo affetto dominante.

In un contesto interpretativo spesso diviso tra filologia e teatralità, Bartoli riesce a unire le due dimensioni: l’attenzione alla prassi storica si intreccia a un’intelligenza drammatica che rende attuali le passioni barocche. Le sue letture di Scarlatti, Lotti e Marcello non sono dunque mere ricostruzioni, ma atti di reinvenzione viva del repertorio antico, capaci di connettere l’ascoltatore contemporaneo con l’intensità emotiva e la complessità estetica del primo Settecento italiano.

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