L’arte di Jascha Heifetz

25/05 - 15.40

L’arte di Jascha Heifetz non ha bisogno di presentazioni: il violinista lituano naturalizzato statunitense è infatti considerato tra i più grandi interpreti del Novecento. Lo ascoltiamo nel Concerto in re maggiore op. 61 per violino e orchestra di Ludwig van Beethoven e nel Concerto per violino e orchestra n. 2 in sol minore op. 63 di Sergej Prokof’ev, entrambi con la Boston Symphony Orchestra diretta da Charles Münch.

Beethoven scrisse il Concerto in re maggiore op. 61 alla fine del 1806 su richiesta del violinista Franz Clement. Il successo arrivò, però, solo nel 1844, quando l’esecuzione di Johann Joachim, a Londra sotto la direzione di Mendelssohn, aprì la strada alla riscoperta di una partitura che poco concedeva ai gusti correnti. Al contrario di quanto privilegiava l’estetica Biedermeier, questo Concerto si sottrae infatti sia all’esibizionismo tecnico sia alla contrapposizione tra lo strumento solista e l’orchestra. Qui il violino instaura con l’orchestra un’inedita complicità sotto il segno di una lirica cantabilità.

Lirico e cantabile è anche il Concerto n. 2 in sol minore op. 63 scritto da Prokof’ev nel 1935 dopo il suo ritorno in patria. È l’ultima commissione che gli viene dall’Occidente, precisamente dal violinista francese Robert Soëtens. A parte il finale tumultuoso e spagnoleggiante, i primi due movimenti del concerto sono dominati da un’atmosfera meditativa in cui echeggiano memorie del patrimonio musicale tradizionale russo.

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