Villa Bardini riapre gli spazi espositivi, rimasti chiusi a seguito della pandemia, con la mostra intitolata Galileo Chini e il Simbolismo Europeo. Visitabile fino al 25 aprile, l’esposizione è focalizzata sugli anni giovanili dell’artista, dal 1895 al 1914 circa. Curata da Fabio Benzi e promossa da Fondazione CR Firenze e da Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron, la mostra comprende oltre duecento pezzi fra dipinti, disegni, illustrazioni e ceramiche. Si tracciano così legami e parallelismi fra l’artista e l’arte internazionale che lo ispirò e che spesso a lui si è ispirata. Sono presenti opere dell’ambiente artistico tra simbolismo francese e mitteleuropeo, tra preraffaellismo e secessioni. Il percorso di Chini si intreccia infatti con quello di artisti come Auguste Rodin, Gustav Klimt, Max Klinger, Aubrey Beardsley, Odilon Redon e molti altri.

La mostra prende in esame i primi vent’anni della vita artistica di Chini, dalla prima maturità fino alle soglie della Prima Guerra Mondiale. I dipinti degli anni fino al 1911 sono segnati dalla conoscenza diretta e dal dialogo estetico con la migliore arte europea improntata al Simbolismo e alle istanze moderniste dell’Art nouveau. Il viaggio che dal 1911 al 1913 lo vide spostarsi in Siam per decorare la grande Sala del Trono di Bangkok segnò invece un’apertura su un nuovo sentimento della natura e del mondo. L’artista fu anche uno dei principali promotori dell’abbattimento delle barriere fra arti maggiori e minori. Fu infatti uno straordinario ceramista le cui opere, improntate al gusto Art Nouveau, si possono annoverare tra le più significative in quell’ambito.

“Galileo Chini e il Simbolismo Europeo”
Villa Bardini (Costa San Giorgio 2)
Fino al 25 aprile 2022
Orario: 10-18, chiuso i lunedì feriali, ultimo ingresso ore 17
Biglietti: intero € 10, ridotto € 5
Informazioni: 055 2638599

Visite guidate alla mostra ogni sabato e domenica ore 15.30 e 16.30
Prenotazione obbligatoria qui fino a max 20 persone per turno
eventi@villabardini.it
www.villabardini.it

Foto di Stefano Casati