22/01 - 18.40
Lo storico Quartetto Ungherese, fondato a Budapest nel 1935 e attivo fino al 1972, esegue due brani, tra loro strettamente collegati, di Ludwig van Beethoven.
Si tratta del Quartetto n. 13 in si bemolle maggiore op. 130 e della Grande Fuga in si bemolle maggiore op. 133. La prima esecuzione del Quartetto, nel marzo del 1826, suscitò diverse perplessità. Articolato in sei movimenti, in origine il Quartetto terminava con una grande fuga che spaventò l’editore sia per la durata che per la difficoltà d’ascolto. Così Beethoven scrisse un altro finale. Oggi si pone il problema se reinserire la fuga nella monumentale architettura del quartetto. Questo permetterebbe di ricostituire l’idea originale di Beethoven, che peraltro compose il nuovo finale e autorizzò questa sostituzione. Non stupisce dunque la scelta del Quartetto Ungherese di eseguire il Quartetto e a seguire la Grande Fuga.
E di fronte agli enigmi che ancora oggi gli ultimi quartetti sembrano custodire, ricordiamo le parole che E.T.A. Hoffmann rivolse ai detrattori di Beethoven: “Che cosa ne direste se fosse solo vostra l’incapacità di cogliere la profonda unità di relazioni interne delle composizioni? Se fosse soltanto colpa vostra se il linguaggio del maestro, compreso dagli iniziati, rimane incomprensibile, se la porta del santo dei santi rimane chiusa per voi? In verità il maestro, che sta alla pari di Haydn e di Mozart in quanto ha padronanza di sé, trae il proprio essere dal più profondo del regno dei suoni, e regna su di esso da sovrano assoluto”.