Beethoven 250 – I Quartetti d’archi

Beethoven 250 è un percorso tematico sulla produzione di Ludwig van Beethoven per celebrarne i 250 anni dalla nascita. Il progetto di Alberto Batisti e Luca Berni prevede per tutto l’anno, ogni lunedì alle 18.40, una trasmissione dedicata a Beethoven.
Articolato in sessanta puntate, il progetto è suddiviso in quattro cicli affidati a quattro curatori. Il primo ciclo, a cura di Francesco Dilaghi, esamina l’opera per pianoforte, con particolare attenzione alle Sonate. Il secondo, a cura di Maddalena Bonechi e Marco Mangani, è dedicato ai quartetti per archi. Nel terzo Alberto Batisti illustra le nove Sinfonie, le tre versioni di Fidelio e la Missa solemnis. Infine, nel quarto, Marco Mangani analizza altre composizioni, tra cui trii e quintetti per archi, partiture per fiati e Lieder.

Il progetto è intitolato E gli uomini salirono verso la luce, parole intonate da Beethoven nella cantata Da stiegen die Menschen ans Licht in morte dell’imperatore Giuseppe II. Un’invenzione musicale che confluirà anni dopo nel Fidelio, proprio nell’istante in cui Leonore libera dai ceppi il marito Florestan.

 

I Quartetti d’archi
a cura di Maddalena Bonechi e Marco Mangani

Il secondo capitolo del nostro viaggio nell’opera di Beethoven è dedicato ai Quartetti per archi. Così entriamo nel laboratorio delle sperimentazioni più audaci compiute dal compositore. Sperimentazioni operate nella purezza polifonica di quattro registri strumentali perfettamente omogenei. Non a caso è proprio negli ultimi Quartetti che Beethoven arriva ad annientare ogni convenzione e maniera. Qui forma, fantasia ed espressione si librano oltre la storia e il tempo.

Le prime tre puntate, dedicate ai Sei Quartetti op. 18, sono curate dalla giovane musicologa Maddalena Bonechi. Il resto della produzione quartettistica è illustrato da Marco Mangani in nove puntate in onda dal 29 giugno al 24 agosto 2020. Docente di Storia della Musica all’Università di Firenze, Mangani parte dai tre capolavori dell’op. 59, i cosiddetti Quartetti Rasumovsky.
Nel cuore del Quartetto in la minore op.132 compare una fra le pagine più toccanti di Beethoven, scritta dopo una malattia. È la Canzona di ringraziamento di un guarito alla Divinità, in modo lidio. Ascoltarla in questo periodo è particolarmente emozionante e dolorosamente attuale.

a cura di Maddalena Bonechi, Marco Mangani,

in streaming

Puntate

I Quartetti op. 18 di Ludwig van Beethoven furono i primi composti dal musicista tedesco. Secondo quanto risulta dagli schizzi conosciuti, il Quartetto in re maggiore n. 3 è cronologicamente il primo. Ancora fedele a Haydn e Mozart, pur senza rinunciare a elementi di novità, Beethoven costruisce un tessuto sonoro puro e cantabile. Il Quartetto in fa maggiore n. 1 è noto soprattutto per l’Adagio, pagina patetica e appassionata per la quale Beethoven avrebbe pensato alla scena shakespeariana di Giulietta e Romeo presso la tomba.


La seconda puntata è dedicata al Quartetto in fa maggiore op. 18 n. 2 e al Quartetto in do minore op. 18 n. 4. Maddalena Bonechi prosegue in maniera cronologica l’esame dell’op. 18, avviata nella scorsa puntata, seguendo le date di composizione dei quartetti. Il n. 2 in fa maggiore si caratterizza per i suoi atteggiamenti musicali più scherzosi, salottieri e talvolta rustici, che richiamano ancora una volta lo spirito di Mozart e di Haydn. Il Quartetto n. 4 in do minore è l’unico in tonalità minore di tutta l’op. 18: pagina dai toni drammatici, è priva del movimento lento. La sua immediata comunicabilità emotiva ne determinò il grande successo.


Maddalena Bonechi conclude l’esame dell’op. 18, avviata nelle prime due puntate, con il Quartetto in la maggiore op. 18 n. 5 e il Quartetto in si bemolle maggiore op. 18 n. 6. Il Quartetto op. 18 n. 5 presenta diversi legami con il Quartetto in la maggiore K. 464 di Mozart, nonché con l’op. 74 n. 2 di Haydn. Nel Quartetto op. 18 n. 6 l’Adagio finale, intitolato da Beethoven stesso La Malinconia, è caratterizzato da una melodia lenta e grave cui risponde l’Allegretto quasi Allegro, dai toni del Ländler. Proprio in questi evidenti contrasti è possibile rintracciare il germe di alcune delle innovazioni del Beethoven successivo.


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